Terremoto finanziario, ecco cosa può accadere con la guerra dei dazi già iniziata

Vai ai contenuti

Terremoto finanziario, ecco cosa può accadere con la guerra dei dazi già iniziata

Brigroup.net | Intermediari
Pubblicato da Investire Oggi in Notizie dal web · Martedì 04 Feb 2025 ·  4:15
La guerra dei dazi può scatenare un terremoto finanziario, il cui impatto rischia di sentirsi più che altro in Europa e Asia.

La Cina ha reso pan per focaccia agli Stati Uniti di Donald Trump,  annunciando dazi del 15% su carbone e gas e del 10% sul petrolio. E apre  anche un’indagine su Google per presunte violazioni della legge  antitrust. Da oggi scattano, infatti, i dazi americani del 25% sulle  merci di Canada e Messico (10% sul greggio canadese) e del 10%  aggiuntivo su quelle cinesi. Il terremoto finanziario è servito, ancor prima che la guerra commerciale faccia vedere i suoi effetti.

 
Terremoto finanziario con la deglobalizzazione

Cosa succede quando i governi impongono gli uni i dazi sulle merci  degli altri? Il costo di tutte le importazioni lievita, per cui i prezzi  al consumo salgono. In sostanza, ci sarà inflazione.  Questo è il primo tempo. Nel secondo tempo, i volumi interscambiati tra  le economie si riducono, perché gli europei comprano meno prodotti  americani e gli americani meno prodotti europei, ecc. I consumatori,  infatti, troveranno relativamente più costosi gli acquisti di beni e  servizi dall’estero.
 
I mercati si chiudono, diventano più piccoli. Le inefficienze aumentano, perché la concorrenza si fa meno intensa per le imprese produttrici.

Mercati più piccoli, perdita di benessere

Ed è proprio questo che alimenterà sin da subito il terremoto  finanziario. Le borse mondiali ragionano su multipli prezzi/utili  relativi ad un mondo che già quasi non c’è più. Scontano fatturati  legati alle vendite sul mercato globale, mentre sta accadendo che i  prezzi di merci e servizi rischiano di salire (e questo è un bene per le  imprese che producono), ma a fronte di volumi più bassi. E il saldo  netto con ogni probabilità sarà negativo. In economia si dice che c’è  una “perdita secca di benessere sociale”: i maggiori profitti delle aziende sono più che compensati dalle perdite patite dai consumatori.
 
E il dollaro perché sale? In poco più di 4 mesi ha  guadagnato la media dell’8,5% contro le altre principali valute. Due le  ragioni di fondo: i capitali si spostano in cerca di protezione contro i  rischi globali, per cui prediligono proprio il mercato americano che è  notoriamente il più liquido e rassicurante. Inoltre, gli investitori  prevedono che l’inflazione americana salirà a causa dei dazi e la  Federal Reserve terrà i tassi di interesse alti o tornerà ad alzarli.

Super dollaro può neutralizzare dazi

Tuttavia, proprio il super dollaro può evitare agli americani un  simile esito. Esso rende più economiche le importazioni dal resto del  mondo, finendo per neutralizzare gli effetti dei dazi. Se così, nei  prossimi mesi la Fed tornerà a tagliare i tassi e il biglietto verde  s’indebolirà. Ma ciò non eviterà al pianeta un terremoto finanziario  scaturito dal disallineamento crescente tra tassi e livelli  d’inflazione. L’Europa non è l’America. Euro e sterlina si sono  indeboliti di molto negli ultimi mesi e ciò sta già contribuendo a far  risalire l’inflazione. Banca Centrale Europea e Banca d’Inghilterra, per  dirne due, presto potrebbero essere costrette a sospendere il taglio  dei tassi, specialmente se Bruxelles e Londra reagissero ai dazi  americani con dazi a loro volta verso gli Stati Uniti.
 
Solo che le economie continentali non possono permettersi tassi alti,  perché non sono robuste come quella americana. E c’è il serio rischio  che le borse europee cadano proprio sul mix inflazione-stagnazione, cioè  sulla stagflazione.  Inoltre, non dobbiamo dimenticare che l’economia dell’Unione Europea, a  differenza di quella americana, è esportatrice netta. Significa che in  una guerra dei dazi, a rimetterci saremmo principalmente noi, perché  esportiamo all’estero più di quanto importiamo. O il mercato interno  sarà capace di assorbire i prevedibili eccessi di produzione o sarà  recessione.

Terremoto finanziario inevitabile?

E il problema sta nel fatto che per sostenere la domanda, ci sarebbe  bisogno di una politica fiscale espansiva, caratterizzata da tagli alle  imposte e/o aumenti di spesa pubblica. Ma sono pochi i governi  comunitari a disporre di tali margini tra i conti pubblici. Basti  guardare alla Francia di questi mesi nel caos sul nuovo bilancio.  Servirebbe, quindi, una politica fiscale comune per reagire alla crisi, ma il Nord Europa resta contrario a mettere i quattrini in società con il Sud.
Ecco perché si guarda a Bruxelles, affinché smantelli l’eccessiva regolamentazione  di questi anni e consenta alle imprese di investire e produrre con  molti minori vincoli. Misure gratis per sostenere la crescita. Ma forse è  già tardi per evitare un forte assaggio di recessione. Le scosse di  questo terremoto finanziario si propagheranno in men che non si dica in  Europa e Asia.
    
        

 


Cercaci sui social:
Torna ai contenuti